Breve studio su un destino mancato
di Antonio Iannone
illustrazione di Michele Rota

Ciascun santo, prima che alle spoglie si sostituiscano reliquie e il nome verghi un giorno del calendario definito secondo un criterio che a noialtri privi di Vocazione non è dato conoscere, è stato, anche soltanto per un fatuo istante, un eretico. Ogni prelato della Suprema Istituzione ne trae un calco dell’Avversario: cosa nascondono il rovescio della pelle, l’abisso degli organi, il centro del cratere da cui si origina la vita? E le parole, spesso invocazioni di archetipi più che remoti (il Padre, il Figlio, lo Spirito), non dissimuleranno forse uno zelo luciferino nello studio delle Scritture? È per tale ragione che molti santi, ancora aspiranti, sono stati scorticati prima di avanzare verso i corridoi del Cielo.
Troppe, troppe maiuscole!
Persino la giovane di cui scorgiamo il solo volto è adesso oggetto del più tremendo scherno: l’hanno inchiodata infatti – proprio come il Signor Cristo della cui voce millanta l’udito – a una croce di gesso realizzata per una scultura, un pezzo d’esposizione. “Il legno bisogna sudarselo”, testimonia il linguaggio settoriale degli ecclesiastici. I chiodi hanno mal attraversato la superficie dei palmi tradendo nello sgretolamento la messa in scena.
Si sono fatti il piccolo teatro ben oltre la parete dell’illusione per il divertimento di un pomeriggio.
Eppure la ragazza, il cui titolo sarebbe nel corso degli anni mutato da “beata” a “santa” a “mistica” attraversando con medesima disinvoltura il ministero divino e quello accademico, imbellettata di una corona di spine di plastica – ma i chiodi sono autentici, il sangue è autentico – non emette suono. Somiglia, per esigenze mimetiche, alla Giovanna D’Arco di Dreyer: si limita a una sofferenza da primo piano.
Troppo tardi gli ecclesiastici si sono accorti dell’assenza di un terzo chiodo, rubato forse da uno di quei bambini dispettosi che di domenica servono messa per lavorarsi il permesso di un’ora senza l’incombere dei genitori. I piedi le sono così lasciati liberi secondo l’osservazione per cui più ci si dibatte, più l’anima riluce di martirio.
Lasciando vagare lo sguardo lontano dall’avvenimento mondano e soffiandolo nell’animo della perseguitata attraverso uno di quegli inganni permessi soltanto a narratori e prestigiatori, si potrebbe ascoltare il peculiare monologo interiore spesso accordato a coloro cui si sta negando ogni altra possibilità di verbo.
A proposito del nostro studio sulle anomalie d’elezione e le degradazioni del destino che, si spera, confluirà presto in un volume più organico e dai più nitidi propositi di scientificità, registreremo, saccheggiandolo dal profluvio di lamenti, attraversando non senza difficoltà la palude del soliloquio, una citazione soltanto.
«…e se la voce udita quel giorno alle soglie dell’autunno e che troppo presto ho forse detto Vocazione non fosse appartenuta al Signor Cristo o al Signor Dio o anche a un piccolo ambasciatore del Cielo, bensì a uno dei figli dei vicini intenti a prendersi gioco di me, come già accaduto?».
Per tale ragione l’iconografia presenta sul volto della devota non la serenità dell’estasi ma l’inquietudine del dubbio.
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Antonio Iannone è nato a Mercato San Severino (SA) il 19/09/1995. Una copia di “Dissipatio H. G.” di Guido Morselli è fatale: attraversa una lenta discesa nell’abisso della lettura. Concluso il liceo si iscrive al corso di Laurea in Filosofia dell’Università degli Studi di Salerno, interessandosi alle questioni dello sguardo e della scientificità degli enunciati. Redattore del sito “Critica Letteraria”, ha pubblicato saggi e racconti su testate come “Il lavoro culturale”, “Rapsodia”, “Il rifugio dell’Ircocervo”, “TerraNullius” e “Nazione Indiana”. Si interessa di cinema e dell’arte del montaggio, nel tentativo di liberare le forme dell’archetipo e del paradosso.